L’8 luglio per mamma Rai è stato un giorno da dimenticare. O, più costruttivamente, un memento per non replicare la figuraccia mondiale de “Le regole del delitto perfetto”, scivolando sulla bigotta tentazione censura.
Eppure Rai ce la sta mettendo tutta. Una battaglia a suon di spot per presentarci un palinsesto rinnovato, moderno e al passo con i tempi. Nuovi studi, nuovi programmi, dress code da suore di clausura per giornaliste che non sanno tenere la scollatura abbottonata. E così la televisione continua a mandarci i volti dell’uno o dell’altro direttore di rete che con ‘occhiaie sorridenti’ proclamano la rivoluzione della tv generalista.
Ma Rai cade di nuovo, su vecchi e nuovi terreni.
Il vecchio terreno della censura è cosa nota, dagli anime giapponesi (affiancata da un’incoerente Mediaset) ai film internazionali (DragonBall, I segreti di Brokeback Mountain , Fisica o Chimica, per nominarne alcuni) e, se fino agli anni ‘90 il pubblico sottostava senza diritto di replica agli sforbiciatori del Servizio Pubblico, oggi i tempi son cambiati e mamma Rai ha scordato che stiamo vivendo il culmine dell’era Social.
Interi capitali riservati all’analisi delle abitudini di accesso e di consumo dei media non hanno evitato che accadesse ciò che è accaduto lo scorso 8 luglio.
//Cosa è successo
Venerdì 8 luglio esordisce per la prima volta in chiaro la serie Le regole del delitto perfetto (How to Get Away With Murder nella versione originale) legal thriller giudiziario di enorme successo, nominato dall’American Film Institute programma dell’anno, nato dalla penna di Peter Nowak e Shonda Rhimes.
Una vera novità nel palinsesto di Rai Due, una ventata di freschezza che ha attratto molti telespettatori, affezionati alla serie e non: lo conferma l’Auditel che registra quasi 1 milione di spettatori italiani con uno share del 5.62%.
Rai, nonostante i suoi propositi di rinnovamento non ce la fa e decide di tagliare. Taglia le scene di passione omosessuale tra uno dei protagonisti, Connor Walsh e il fidanzato Oliver Hampton, risparmiando però quelle eterosessuali.
I fan non ci stanno, ed è subito tempesta Social.
In poche ore lo sdegno porta a segnalare l’accaduto su Twitter a Jack Falahee, proprio l’interprete di Connor Walsh, che chiede ironicamente se ci siano altri Paesi che intendono censurare #coliver (l’affettuoso hashtag creato per denominare la coppia della serie).
E rincara la dose chiedendo al nostro Servizio Pubblico se realmente pensa che l’audience italiana non sia pronta alla “vita vera”, quando persino il Vaticano ha cominciato ad aprire i suoi orizzonti
Non tarda ad arrivare neanche il tweet della regista Shonda Rhimes che ha definito “la censura di ogni forma di amore imperdonabile”.
E un esplicito tweet della profilo della serie, che mostra posizioni ancora più esplicite menzionando Rai Due
Intanto, la rete impazzisce, gli utenti sfruttano nuove abitudini di comunicazione per la loro protesta: dalle Gif animate con le quali creano immagini in cui fanno notare la differenza fra la scena reale e quella tagliata alle petizioni su change.org, firmata da 3.657 persone
Rai prende finalmente posizione e si arrende al potere della rete, cercando di mettere freno all’irreparabile e decide non solo di scusarsi con i telespettatori, ma di riproporre la puntata in versione integrale, il giorno successivo
Un episodio senza precedenti, la morte quasi completa della comunicazione top-down e il potere decisionale delle audience al di là di un tasto sul telecomando.
Ma come ne esce fuori Rai da tutto questo? Male. Più ammaccata del caso Report vs Eni. La rete ha gioito della propria vittoria ma la televisione pubblica italiana ha fatto parlar di sé in tutto il Mondo, bollata sulla stampa internazionale sotto la peggiore delle etichette affibbiatele dal web: #RaiOmofobia, con la grave accusa di non aver colto né il periodo storico che stiamo vivendo, all’alba della legge sule unioni civili e delle battaglie per i diritti degli omosessuali delle associazioni LGTB, né le conseguenze di una comunicazione sempre più integrata, connessa, dove si può raggiungere l’altro capo del globo con 140 caratteri e cambiare il mondo e le cose.
Sotto il falso velo del pudore c’è una televisione che ha ancora tanti strati di muffa da eliminare per svecchiarsi o distanziarsi da un sistema che ancora pensa che la censura sia opportuna e accettata, che non ci sia più nessuno a ribellarsi e a sorbire passivamente le scelte di una casta che forse avrebbe bisogno di nuovi giovani e nuove competenze comunicative.